I giovani in Italia. Appunti dal seminario sulle politiche giovanili del 09/06/17.

I giovani in Italia. Appunti dal seminario sulle politiche giovanili del 09/06/17.
Giugno 25, 2017 Francesco

Al seminario di politiche giovanili del 9 giugno “Volo Libero” gli input e gli stimoli alla rilfessione sono stati molti e di rilievo. Noi di Trentinogiovani.it ci siamo ripromessi di sistemare gli appunti e di riproporvi una sintesi delle principali relazioni.

Questa domenica eccovi una breve sintesi della relazione della ricercatrice Arianna Bazzanella, che ha curato il rapporto 2016 “Crescere in Trentino”.

NB: alcune frasi sono state riscritte. Eventuali inesattezze sono esclusivamente da attribuirsi a chi scrive. Per maggiori informazioni si faccia riferimento alla pubblicazione.

 

“Ogni epoca sperimenta mutamenti sociali impattanti. Il problema non sono i mutamenti ma la gestione dei mutamenti.

Oggi siamo di fronte alla sfida del cambiamento demografico che non è solo invecchiamento della popolazione (l’età media  dal 1986 al 2016 è passata da 38 a 44 anni, indice di vecchiaia è passato da 86 a 142, oggi a 100 occupati corrispondono 71 pensionati),  ma “degiovanimento” (cit. Alessandro Rosina) inteso come riduzione del numero dei giovani e della loro presenza “qualitativa” nella società.

In Italia, cioè, i giovani sono proporzionalmente pochi, scarsamente  visibili, hanno un ruolo marginale nella società, non sono presenti nei luoghi in cui si decide, hanno scarsissimo valore nel mercato elettorale (quindi le loro istanze sono prese poco in considerazione).

L’equazione è semplice:  meno giovani = meno lavoratori = meno contribuenti. Per cui si assiste a una riduzione delle entrate di contro a un aumento delle uscite a causa dell’invecchiamento della popolazione. Quindi – può essere questa una prima conclusione –  preoccuparsi dei giovani non è solo una cosa etica ma anche un imperativo di sostenibilità del sistema.

Aiutare i giovani  non significa intaccare diritti altrui o mettere in competizione giovani e anziani. Emerge la necessità piuttosto di attuare una seria politica industriale competitiva adeguata alla società della conoscenza con focus sul capitale umano, altrimenti si perdono e si perderanno molti treni.

Ciò che si registra quale dato oggettivo è che i giovani effettivamente incontrano grandi difficoltà nel crescere e nel transitare all’età adulta. Le biografie individuali raccontano di una fatica nell’entrare nel mondo del lavoro, nell’uscire dall’abitazione dei genitori (nel 2013 il 66% dei giovani tra 25 e 29 anni abitavano con i genitori, uno dei valori più alti d’Europa), nell’avere una continuità di reddito, nel costruirsi una propria famiglia.

E’ difficile diventare grandi. E la precarietà non è solo lavorativa ma proprio esistenziale. Nonostante ciò,  non è corretta la rappresentazione dei giovani quali soggetti passivi, rassegnati. La determinazione dei giovani nell’affrontare queste sfide è ben più alta di quello che si è soliti dire.

Ci sono “capitali” di giovani che restano a casa o vanno all’estero.

E’ stato stimato che un laureato costi allo stato italiano come una Ferrari . Un giovane laureato che non lavora è come una Ferrari acquistata e lasciata in garage.

La raccolta di dati precisi sugli espatri dei nostri cittadini (giovani e non solo) è carente ed è quindi difficile fare stime. I dati ufficiali (pochi) sono rilevabili da AIRE Anagrafe Italiani Residenti all’Estero che però rileva solo i cittadini italiani residenti all’estero per oltre 12 mesi che hanno deciso di registrarsi. Eppure già questi denunciano la necessità di non sottovalutare il fenomeno. 1) Il 1° gennaio 2016 risultavano iscritti ad AIRE oltre 4.800.000 italiani (l’8% della popolazione complessiva); 2) nel 2015, in un solo anno, si sono registrati oltre 100.000 nuovi emigrati residenti all’estero; 3) tra questi, il segmento più rappresentativo è quello dei 18-34enni: sono il 37%, oltre uno su tre, pari a circa 40.000 individui. Non sappiamo dire quanti di questi siano laureati o altamente formati, ma è lecito pensare che abbiamo regalato all’estero molte, moltissime Ferrari comprate da noi.

A partire da un vecchio esempio di Alessandro Rosina, si ricorda che
Bob Dylan ha scritto “Blowing in the wind” a 21 anni;
Saviano “Gomorra” a 27;
Giuseppe Mazzini ha fondato la “Giovine Italia” a 26 come a 26 anni Orson Welles ha girato “Quarto potere”;
Steve Jobs (migrante di seconda generazione) ha creato la Apple Computer a 21;
Walt Disney ha scoperto Topolino a 27 anni;
Bruce Springsteen ha pubblicato “Born in the USA” a 35 anni.
E qualche anno fa, è stato calcolato che l’età modale «della» scoperta dei premi Nobel è pari a 35 anni.

Per dire che la storia ci ha insegnato che le grandi scoperte, le grandi opere, le rivoluzioni in ogni epoca e in ogni campo le hanno fatte quasi sempre i giovani.
Abbiamo tutti una responsabilità cui non possiamo sottrarci: permettere che i nostri Bob Dylan e i nostri Steve Jobs abbiano la possibilità di diventare il meglio che possono essere, per loro stessi e per il nostro paese.

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